La Diarchia*

Subito dopo la sua elezione il nuovo Gran Maestro generale, ponendo in atto quanto emanava dalla lettera e dallo spirito delle solenni promissioni rese di fronte ai suoi elettori (1) ritenne necessario por fine alla disorganizzazione dell’Ordine provvedendo a ristabilire -almeno così si attendeva- un’unica direzione amministrativa, dottrinale e iniziatica. Nel giro di pochi mesi, anche in considerazione delle ripercussioni di quanto. si era verificato in Francia nell’Ordine Martinista presieduto da Philippe Encausse in seguito all’abdicazione di Robert Ambelain dalla carica di Sovrano Gran Commendatore dell’Ordine cosiddetto « interiore » (2), il Gran Maestro promulgò una diecina di decreti, i principali dei quali scaturirono dall’organizzazione di un Convento dei SS.II. convocato a Perugia, dove si svolse nell’aprile del 1968.

Ma fin dalla promulgazione del suo decreto 08/67 del 18 dicembre successivo alla sua nomina, nel quale prendeva posizione contro la pretesa francese che la chiesa gnostica fosse la chiesa ufficiale del Martinismo e contro la dichiarazione che i Cohen potessero, in quanto tali, trasmettere i primi tre gradi martinisti, si iniziava, da parte del suo Aggiunto, una polemica che, purtroppo doveva proseguire per anni.
Il decreto, presa in esame l’abdicazione di Ambelain in favore di Hermete e la fine dell’ibrido Ordine costituito a Parigi nell’ottobre del 1962 nonché la dichiarazione di Encausse su L’Initiation(numero 3-4 1967) sull’ufficialità della chiesa gnostica in seno al Martinismo, dichiarava:
1) È temporaneamente sospeso il riconoscimento, da Noi firmato in Ancona, degli Eletti Cohen in Italia e ciò fino a quando nuovi contatti diretti fra Noi e il loro nuovo Sovrano Gr. Comm. non chiariranno le rispettive posizioni dei due Ordini;
2) L’Ordine Martinista è Sovrano; si richiama a Papus e alle sue dichiarazioni di principio da Noi e dai Nostri predecessori sempre ortodossamente rispettate e tramandate senza alcun compromesso
3) Nessun Ordine, che non sia Martinista e si richiami a tali fondamenti può legittimamente e tradizionalmente trasmettere i tre gradi di Associato, Iniziato e Superiore Incognito;
4) I SS.II.II., nel trasmettere i tre gradi dell’Ordine, debbono operare soltanto ai fini tradizionali dell’Ordine stesso e non per altri motivi
5) Il sup. I.I. che trasmette i suddetti gradi con scopi che non siano quelli del potenziamento dell’Ordine e del raggiungimento dei suoi scopi si pone automaticamente fuori della catena martinista;
6) Il sup. I.I., in quanto tale e perciò giunto al vertice della Piramide Martinista, è spiritualmente libero e può quindi agire secondo la sua coscienza assumendosi tutte le responsabilità derivanti dai suoi atti compresa quella della sua uscita dalla catena martinista (3).
Copia del decreto era stata inviata anche ad Encausse e ad Hermetc ma esso suscitò l’immediata reazione del Gran Maestro Aggiunto (4) che, con ironia malcelata, scriveva:
<< Ho ricevuto il tuo decreto che, prendendo le mosse da fatti esterni all’Ordine (quindi senza nessun rapporto con l’Ordine italiano) enuncia delle giuste messe a punto che purtroppo suonano stonate proprio per Ia mancanza di aggancio. Sarebbe come se il Rito Scozzese (per esempio) prendendo lo spunto dal fatto che esiste nella chiesa cattolica un precetto pasquale, ordinasse ai suoi 30 di mangiare con la mano sinistra. Questo il mio pensiero. C’è poi quel ” sé dicente “, che un Gran Maestro non dovrebbe usare in simili circostanze » (5).
Il pensiero del Gran Maestro Aggiunto era in contraddizione con quanto scriveva. E’ evidente che le enunciazioni di giuste messe a punto non potevano, essendo giuste, suonare stonate. Circa « la mancanza di aggancio» si trattava di un’opinione del tutto sballata in quanto esisteva un riconoscimento degli Eletti Cohen firmato proprio da Aldebaran (G.Ventura) come plenipotenziario dell’Ordine Martinista e la mancanza di una messa a punto sulle faccende dei tre gradi martinisti avrebbe autorizzato i Cohen a comportarsi in maniera contraria a quanto lo spirito di quel riconoscimento si riferiva anche in Italia. L’aggancio esisteva anche sulla chiesa gnostica in quanto si persisteva a dichiararla, su pubblicazioni di ogni genere, chiesa ufficiale del Martinismo e ciò poteva portare a perplessità in seno allo stesso Martinismo italiano. Circa il ‘sé dicente’ esso si riferiva proprio alla chiesa gnostica di cui il Gran Maestro Aggiunto era vescovo (libero di esser gnostico o meno ma non di farne propaganda in seno all’Ordine come risultava da un quaderno, ciò che si vedrà più avanti) e, di conseguenza si sentiva colpito nel suo « vescovado ». Che, poi, un Gran Maestro non dovesse dire quello che pensava nell’interesse dell’Ordine di cui aveva le massime responsabilità era una osservazione del tutto gratuita. Che cosa, poi, ci entrasse la Chiesa cattolica col Rito Scozzese è un mistero.
Il Convento di Perugia del successivo aprile dimostrò che la gran parte dei SS.II. che vi parteciparono poco avevano capito della vera essenza del Martinismo ed erano più o meno indirizzati su vie diverse a causa della mancanza di una istruzione univoca. In quell’occasione il Gran Maestro venne in possesso di due quaderni, uno nero e uno rosso, con una storia del Martinismo ripresa da Le Martinisme di Ambelain (con l’affermazione che la chiesa gnostica era quella ufficiale del Martinismo), rituali di iniziazione con preghiere, giuramenti e invocazioni. Tali quaderni erano stati distribuiti dal Gran Maestro Aggiunto senza alcuna autorizzazione.

Aldebaran (G.Ventura), rientrato nella sua sede e data una letta ai quaderni si accorse esser necessario richiamare immediatamente il suo sostituto prima che fosse troppo tardi: in una lettera non ufficiale lo redarguiva con tono anche duro premettendo, però, che: « questa lettera non vuol esser altro che un richiamo a una maggior osservanza di quelli che sono stati, e saranno finché avrò vita e ricoprirò l’attuale incarico, gli indirizzi dell’Ordine (..). Naturalmente ci sono stati degli errori che, tuttavia, sono stati ampiamente riparati o con la meditazione o con opportune e pietose dimenticanze, ed anche -Iddio li abbia accolti nella Sua infinita misericordia- col sacrificio. Non dico di più ». Continuava facendo appello alla fraterna comprensione del suo Aggiunto << affinché tu ti renda conto che non è possibile continuare come stai facendo ponendomi di fronte ai fatti compiuti forse nella convinzione che il mio affetto per te (o altre ragioni che non intendo sottolineare) mi faccia sorvolare su questo continuo dirottare verso forme, dottrine ed esperimenti che con il Martinismo nulla hanno a che fare ». Ricordando di aver lasciati inalterati i quaderni esistenti in Italia pur avendo a disposizione altre fonti, aggiungeva: << Tu, invece, hai rimaneggiati i quaderni dei Cohen (di Aurifer) aggiungendovi tue indicazioni e mantenendo inalterate -salvo qualche piccolo accenno – le preghiere esistenti e l’Amen + Amen + Amen dei Templari e gnostici che provengono dal gruppo Kvmris di Bruxelles. Hai poi dato disposizioni per un ” Rito ” che disapprovo perché non tradizionale, pseudo-kabbalistico, con infiltrazioni ” balsamiche “, frutto di chissà quali elucubrazioni >>. Dopo altre osservazioni « Sarà opportuno che tu faccia rettificare i quaderni o che tu li sospenda lasciando in vigore -e solo finché si provvederà alla liturgia comune – il solo rituale di iniziazione sul quale, pur non essendo d’accordo come ben sai, debbo per forza maggiore soprassedere » (6).
Probabilmente il Gran Maestro esagerò anche se ciò era nei suoi poteri e nel suo diritto: se avesse usato un tono più conciliante forse non avrebbe ricevuto la risposta che Nebo (Brunelli) gli inviò e che evitiamo di riportare anche se essa fu la dimostrazione di ciò che si voleva da quella parte, e che il Convento di Ancona era stato soltanto il mezzo per ottenere la regolarità Martinista. In sostanza si trattò di un tentativo di ottenere il meno prospettando una ribellione, adducendo i poteri dei SS.II.II. e giustificando l’operato richiamandosi ad Ambelain e affermando che il Martinismo italiano non possedeva null’altro che le « manate sulle spalle », chiacchiere senza costrutto, carenza di istruzione ecc. e richiami a Coloro che ci hanno preceduto.
In una lettera, allegata ai decreti con la nomina di una commissione per l’unificazione dei rituali e la ricostituzione della Gran Loggia Amministrativa (7) affidata al Gran Maestro Aggiunto con incarichi non rituali e non dottrinari, il Gran Maestro rispondeva su tutti i punti. La pubblichiamo integralmente, anche se lunga, perché essa dà la misura delle difficoltà che, per vari anni, il Gran Magistero dovette affrontare per mantenere in piedi l’unione realizzata in Ancona:
« Caro …….
Chi lo avrebbe detto? Son riuscito a far uscire dai gangheri il mio serafico amico!!!
E’ una presa di posizione, o si tratta soltanto di motivi personali? Sei perfettamente convinto di quello che dici o mantieni una posizione preconcetta per questioni di prestigio?
Ho ben riflettuto (3 giorni e 3 notti, ritualmente) prima di rispondere, e mi sono anche regolato sugli influssi astrologici, se ci tieni.
Le conclusioni cui son giunto sono quelle della più ampia TOLLERANZA com’è fondamento del N.V.O. e mio costume. Questa tolleranza però, non va oltre a quanto le circostanze mi suggeriscono. Se fosse altrimenti dovrei immediatamente rinunciare al mandato affidatomi e abbandonare l’Ordine a sé stesso. Ciò sarebbe viltà: e io non sono un vile.
Perciò, mentre rispondo a te, in forma di cortese polemica (basata su argomentazioni documentate), ufficialmente prendo tutte quelle decisioni che ritengo giuste e perfette per salvaguardare il rispetto degli Statuti e la vita dell’Ordine E sono certo che una volta constatata questa mia tolleranza e quanto da essa promana nei documenti ufficiali allegati, troverai che ho seguito la via migliore senza intaccare il prestigio di nessuno anche se ho permesso, per tanto tempo, che il mio prestigio—- se mai potessi permettermi di averne uno—~ fosse addirittura calpestato.
Mi atterrò, per semplificare, ai tre punti da te indicati.
1) Tua azione come S.I.I. – Non mi son mai permesso di interferire in essa; c’è un errore di valutazione o di interpretazione del mio dire. So bene che come tale sei libero di far quello che credi secondo coscienza (con i rischi che ciò comporta). L’ho sempre sostenuto, anche a Perugia. Il fatto è che ho trovato da ridire su quaderni, pubblicazioni, disposizioni ecc. che sono promulgati in nome e per conto dell’Ordine, i quali -come ben sai quale estensore dello Statuto- per esser validi debbono portare la firma e il sigillo del S.G.M. ed essere da lui promulgati. Ora, se una diarchia poteva esser tollerata prima, ciò non è più. Tu mi eleggesti, assieme agli altri, all’unanimità meno uno (il mio voto, che fu bianco). Il tuo compito quale Gran Maestro Aggiunto è quello di assistere il S.G.M. nel governo dell’Ordine (art. 8) e di rimpiazzarlo quando è assente o ammalato o morto. Io, grazie a Dio – e speriamo per lungo tempo – sono vivo e vegeto e intendo assumere le mie responsabilità. Quindi, mi devi assistere il che vuol anche dire proporre, aiutare, sostenere, suggerire ma mai scavalcare e fare di propria testa senza avvertire. Il mio compito invece, è quello previsto dall’art. 7 che ti prego di rileggerti particolarmente dove dice che il S.G.M. è il Guardiano dei principi dottrinari dell’Ordine ed egli solo ha il diritto di trattare in suo nome. Controllato questo, spero che tu non mi voglia esautorare per incapacità o altro. È quindi ovvio che tu puoi trasmettere (se ciò ti garba) qualche cosa che chiarisca le idee a chi ne ha troppe per la testa, o nessuna. È affar tuo, nel gruppo da te presieduto, avvalendoti del disposto dell’art. 27 relativo al regolamento interno di loggia, e agli articoli 24 e 25 nonché ai poteri dei SS.II.II. Ma è affar mio intervenire quando questi disposti si violano o si pretende che le idee, i criteri storici e dottrinari e iniziatici seguiti in una loggia per volontà del suo filosofo incognito ( a suo rischio e pericolo) diventino regole per tutto l’Ordine. Questo è quanto.
Perciò avevo il diritto di esprimere la mia perplessità e di chiederti, fraternamente, in una lettera (che tu definisci ufficiale mentre non lo è perché non fu registrata) di provvedere secondo i miei desideri, che lasciavano la porta aperta – come sempre – a proposte ragionevoli
Mi potrai dire che, trattandosi dell’unione di due correnti una delle quali faceva capo a te, ti senti in diritto di guidare, dare disposizioni ecc. a coloro che a te facevano capo. Questo poteva esser vero fino ad Ancona e, in via di fraterna comprensione, come del resto è avvenuto, fino all’elezione di Manas (Bandarin) e, poi, alla mia da allora c’è un solo Ordine in Italia e tu, come S I.I. hai diritto di guida iniziatica e dottrinaria (a tuo rischio e pericolo) soltanto su coloro che furono da te iniziati e che oggi non hanno ancora raggiunta la libera iniziazione. Questi ultimi possono decidere anche loro come te, e da te non dipendono più. La tua attuale presa di posizione, quindi, creerebbe un conflitto di competenze organizzative, dottrinarie, iniziatiche e rituali che non possono più esistere per la stessa conformazione dell’Ordine sulla base di uno statuto che tu stesso hai compilato. Penso che, fin qui, tu nulla possa eccepire. Lascio perdere le « manate sulle spalle » o « sulla testa » che, come ben sa ogni iniziato (chiamiamoci pure, orgogliosamente, così) possono avere, e spesso hanno, maggior valore delle spade con l’impugnatura di legno (e quindi isolata) o delle unzioni con gli olii di cui alla tua lettera del 26 agosto 1958 (senza alcuna intenzione meno che leale, perché tutti abbiamo cominciato dall’oscurità ,entando in qualche modo di giungere alla luce o a quella che tale riteniamo) Ciò potrebbe, comunque, anche dimostrare, in proposito di « quaderni che vanno a ruba >> come sia assai facile che chi trova qualcosa di nuovo (o che tale sembra) possa esserne attratto per amore o desiderio di novità, di « occulto » o di qualche altra ragione, con conseguenze non sempre positive D’altra parte, e per concludere su questo primo punto, non posso far a meno di ricordare (a me, beninteso) che le sette solenni promissioni tradizionali da me giurate mi impegnano a servire l’Ordine con assoluta e indefettibile fedeltà, e di rispettare e far rispettare le sue dottrine e i suoi statuti opponendomi con tutti í mezzi a mia disposizione ad ogni tentativo di violare o travisare la tradizione; e di ricordare (a me e a te, questa volta) che le sette solenni obbedienze da te e dagli altri giurate prevedono di riconoscermi quale guida e reggitore dell’Ordine; di obbedirmi, ríspettarmi ed onorarmi; di sostenermi, chiedendo il mio consiglio su tutte le questioni ecc., e che non prenderai mai decisioni che siano in contrasto con la mia autorità o che la possano menomare. Ciò che non sempre è stato fatto.

2) Deficienza dell’Ordine e dei suoi membri – Di questo possiamo incolpare solo noi stessi in quanto abbiamo ammesso o accettato di ammettere coloro che dell’Ordine fanno parte. La carenza delle pubblicazioni ufficiali non può dipendere da noi ma dalla povertà dell’Ordine. Circa gli indirizzi da dare alla materia dottrinale se ci sono carenze, come è vero, di ciò non si può incolpare me. Ho sempre predicato e sostenuto di guardarci bene -in Martinismo – da dottrine che con lui nulla hanno a che vedere. Ho anche tentato più volte di dare l’indirizzo che si è seguito da Papus in poi, ma le brame di conoscenze diverse hanno portato a indirizzi diversi che si sono lasciati dilagare con la scusa di una tolleranza che non sempre si può dimostrare vantaggiosa specie se concessa a chi sta apprendendo. La tolleranza per questioni di amicizia, simpatia o d’altro genere, è nociva assai di più che le « manate sulle spalle e il successivo ritiro sulla {montagna ». Io non tento affatto di ritirarmi sulla Montagna, ma tu -se potessi permettermi il lusso di possedere quella che i profani chiamano «dignità » mi spingeresti a farlo. Circa le chiacchiere senza costrutto di cui tu parli, non so chi le abbia fatte, e non mi riguardano. Io ho posto dei problemi e ho cercato di risolverli con la poca scienza che posseggo dopo 34 anni di studio della materia con particolare riguardo alla parte storica, che illumina anche quella dottrinaria. Purtroppo i problemi da me posti sembrano non interessare chi si diletta di teosofia, di socialità collettivistica, di spiritismo, di magia cerimoniale e di altre faccende che pur facendo parte della materia di studio del Martinismo, non possono servire di base alla sua dottrina, ai suoi fini e ai suoi scopi. Io predico con convinzione il tentativo di raggiungere una reintegrazione individuale mentre tu continui a sostenere quella universale. C’è un punto di frattura che non si riesce a superare non per colpa mia che ammetto la « universale» come raggiungimento (magari !!! ) della conoscenza metafisica pura, ma-mi pare-per colpa tua che sostieni la possibilità della reintegrazione di tutta l’umanità. Questo non è Martinismo: è roba da cattolici militanti o da Concilio Vaticano II, oppure, esotericamente parlando, nel campo spirituale è origeniarismo puro, mal compreso e peggio applicato; ed è comunismo in quello materiale (ed è facile confondersi da parte di chi non riesce a ragionare in maniera tradizionale). Sono deciso, e ne ho dato le prove spostandomi da una città all’altra; ciò che continuerò a fare compatibilmente con i miei impegni, tenendo fitta corrispondenza con chiunque si sia a me rivolto, dando consigli e indicazioni, di realizzare qualcosa di utile; ma ho bisogno di essere seguito, compreso, appoggiato e confortato, non osteggiato. D’altra parte non e vero che non ci fosse nulla, o soltanto le parole di « coloro che ci hanno preceduto » (come tu dici e ripeti ironicamente e forse amaramente), formula questa – com’io ho sempre sostenuto – vana e spesso ipocrita come quasi tutte le formule contenute nei rituali inventati ogni qualvolta qualcuno si proclama Gran Maestro di questo o di quello, o riesuma Ordini morti e sepolti. Ho la copia delle mie lettere a te dirette in cui ti ripetevo che i rituali sono opera di uomini qualsiasi, codificazioni soggettive di riti primitivi non sempre bene interpretati o di cerimonie spesso più nocive che utili. C’era qualcosa, e c’è ancora e c’è sempre stata: sono i quaderni iniziatici di Papus, fondatore del nostro Ordine, unico che poteva farli ex novo. E sono l’unica, reale e vera scrittura dell’Ordine nostro, di carattere iniziatico, segreto, programmatico, comprensibile anche all’ultimo ignorante martinista senza bisogno di tanta bibliografia. E sono gli unici, autentici, che non sono stati ritoccati a seconda delle esigenze più o meno soggettive od utili a questa o quella scissione o scisma. C’erano, e ci sono, i quaderni d’istruzione per il grado di Associato, da me composti su indicazione di Artephius (Zasio) e, dei miei studi; c’erano e ci sono i ritualini tascabili di loggia. Ma non li hai voluti prendere in considerazione perché soltanto Aurifer (con tutte le sue contraddizioni e «scoperte ») era e rappresentava il Vangelo martinista !! D’altronde avevo dato anche una bibliografia modesta ma sufficiente per i primi due gradi, dividendola in sezioni exoterica ed esoterica. Se si fossero studiati quei libercoli, e ci fossero state illustrazioni adatte in loggia o altrove, non saremmo al punto in cui siamo a causa delle letture più impensate e inadatte per chi apprende, dei convegni teosofici e delle interpolazioni massoniche, che hanno portato i fratelli a confondersi le idee ( tanto da non distinguere i segni, le dottrine e gli scopi) e a vagare nel buio come mi è stato dimostrato ovunque sia andato, da Perugia a Bologna, da Milano a Livorno e a Roma, dove mi sono state poste le più strane domande o addirittura richieste di mezzi miracoli o di insegnare « la via » per diventare dei perfetti tantristi.
Tu parli, poi, di « cattivo gusto » circa l’accenno al Philalettes (ciò in ordine al fatto ch’egli era presidente dei Cerchi Cohen Associati). Riconosco che ho peccato di cattivo gusto e ne chiedo scusa. Ma, che dovrei dire, allora, del « fallimento della commissione rituale » composta da me e da Hermete, quando tu stesso, dopo le mie lamentele sul fatto che Hermete non si era più visto e non mi rispondeva, il 4 luglio 1964 scrivevi:
« Ivan è passato per l’ltalia ma non ha dato più notizie di sé, del resto egli non fa parte del N.V.O. (8) e pertanto si può considerare sin da ora la opportunità di voler trascurare la sua persona (almeno per ora). Propongo; in sostanza ecc. ecc. », e ti lagnavi delle mancate risposte di Manas (Bandarin) al quale avevo delegato l’incarico Poi ci fu la malattia e la morte di Artephius (Zasio). E’ forse buon gusto questo? En-passant – circa gli statuti – debbo sottolineare che quelli proposti dovettero essere da me e da Artephius riveduti, corretti e depennati a pagine complete, poi rifatti perché brutta copia di quelli massonici
3 ) Martinismo francese – A te non ne importa niente, dici. Ho dimostrato che, effettivamente, a me ne importa ancor meno (altrimenti su tuo avviso insistente e continuo, saremmo oggi a pregare Maitre Philippe e a fare le preghierine alla Madonna ciò che ognuno può fare in una chiesa cattolica) anche se, dopo l’incontro di Venezia, mi sento L’obbligo doveroso di esserne al corrente. Prudenza ci vuole, prudenza come consigliava uno di quelli che, a tuo dire, davano le « manate sulle spalle ». Ma, a leggere la storia del Martinismo riportata sul tuo quaderno pare invece che ti importi soltanto di quello francese e non di quello Italiano che segue la sua via, riportandosi realmente a Papus, fin dal 1924. Ragion per cui una storia per il Martinismo e i martinisti italiani doveva riferirsi alle filiazioni francesi (come tu dici) soltanto fino al 1924 e poi fare la cronologia di quelle italiane. Invece, si arriva al 1962 ed a Philippe e basta. Chiuso. Neanche un cenno, sia pur a coloro che davano « le manate o distribuivano i brevetti onorifici » ma che pur hanno tramandato l’Ordine in periodi difficili e ne hanno conservato la linearità. Dire, poi che non c’è stata una storia del Martinismo è affermazione che da te non doveva venire. C’era, c’è e tu lo sai benissimo. Io la scrissi come quaderno per Associato, te la inviai e, in parte, la lessi in Ancona. Documentatissima: altri me la chiesero. Ma non fu presa in considerazione, il perché lo lascio dire a te perché a me è ignoto. Potresti, -in via polemica- anche dire che certe cose erano tenute nell’ombra, ma ti risponderò che delle note illustrative e generiche non possono tener conto delle zone d’ombra. Che dire delle zone d’ombra, allora, (e che ombre !!! ) sulle genealogie francesi e sulle beghe che si sono succedute in Francia da ottant’anni a questa parte (per lasciar perdere prima) in materia martinistica? Forse le hai citate? O non ne sei al corrente? Comunque, il tuo desiderio e la tua curiosità per la pubblicazione di questa ormai famosa storia del Martinismo italiano in tutti quei particolari che sarà possibile render noti, sarà soddisfatta Sto raccogliendo il materiale necessario anche da altre fonti che non siano quelle dell’Archivio di per sé già sufficiente. Si tratta di convincere G… a sostenere le spese dei clichés per la riproduzione dei documenti originali. Amore e misericordia (come tu dici e me ne incolpi) crolleranno allora ma non come tu pensi provocando danno a quelli « delle manate » ma da tutt’altra parte. Cadranno i miti e resteranno in piedi, pur con i loro difetti di uomini, coloro che furono veramente liberi; liberi anche dagli orgogli e dalle ambizioni e tesi soltanto, con le loro poche forze, a tramandare il poco ma certo che avevano ricevuto.
Mi duole scrivere quanto c’è in questa mia. Ma mi ci hai costretto. Sai com’io abbia assistito i tre ultimi Gran Maestri del N.V.O. anche mentre stavano per raggiungere la Verità (quella Vera che noi conosceremo soltanto «allora») e sai pure com’io sia stato per tutti questi anni il geloso custode delle loro altissime aspirazioni e, anche, purtroppo, delle loro debolezze. È per questo che penso di poter guardare anche a tanti altri d’Oltre Alpe e di qui, giudicandoli quali sono e non quali vorremmo che fossero. E che ritengo mio compito mantenere vivo, in piena fraternità, ma sulla strada giusta quanto so essere il retaggio dell’Ordine, E nulla più.
Voglio che gli Associati siano apprendisti, e non apprendisti stregoni o chierici sbagliati. Voglio che la materia sulla quale essi dovranno fare -se ne saranno capaci mai – le loro « operazioni » sia da essi ben compresa. E se i metodi che ci sono stati dati non sono giusti, essi lo apprenderanno da sé, nella giusta decantazione che avviene attraverso lo studio e la personale convinzione maturata dopo aver capito ciò che si vuol fare. Questo è Martinismo, non quello che pone gli incauti e gli ignari di fronte a teorie o pratiche che non sono in grado di comprendere. Quando avranno imparato, sapranno e allora potranno buttarsi come vogliono e crederanno su tutte le dottrine, le più strane e fantasiose, perché coglieranno le poche cose giuste e scarteranno le troppe cose sbagliate che chi ignora è invece portato a credere vere, appunto per il loro aspetto suggestivo e occulto. Questo io mi sono permesso di dire a Perugia (anche se molti non lo hanno capito) e insisterò nel ripeterlo.
Ho finito e di quanto ho detto ho soltanto il dolore di averlo detto perché speravo che tu mi avessi compreso. So quanto hai fatto e non sono mancato di riconoscerlo a te e di farlo presente a tutti (…) Ma credo in coscienza, di esser nel giusto ».
Ci siamo dilungati su questo primo scontro fra il Gran Maestro e il suo Aggiunto perché la polemica e le pretese non faranno che ripetersi fino all’uscita dalla catena di Nebo (Brunelli) e di una parte di coloro ch’egli stesso aveva ricevuto. Ma anche perché la lettera del Gran Maestro, che esprime le sue ortodosse, posizioni, dà una chiara visione della lotta interiore ch’egli dovette affrontare per lunghi anni di fronte al bivio fra la necessità di accettare compromessi che non affondassero definitivamente l’ortodossia dell’Ordine e quella di assumere una posizione netta che avrebbe provocato una scissione con conseguenze deleterie. La sua tolleranza – come vedremo – alternata a fermezza laddove non gli era possibile cedere alcunché senza rinnegare le sue promissioni, fu forse un errore di valutazione che, tuttavia, dette risultati apprezzabili che, non per sua dittatoriale decisione ma per volontà altrui, liberarono l’Ordine dalle ambiguità dottrinali e dalla effettiva diarchia amministrativa che, se fossero continuate, lo avrebbero completamente esautorato o, peggio, asservito a forze estranee.
La polemica, infatti, seppure ammorbidita, non era che rinviata. Il Gran Maestro Aggiunto aveva adottata ]a tattica del compromesso per guadagnar terreno: deciso a non perdere il controllo su quelli ch’egli chiamava « la sua filiazione >>, e a non rinunciare alla linea di Ambelain, da lui leggermente modificata e imposta a tale « filiazione », di fronte alle precise risposte del Gran Maestro e alle sue contestazioni, lasciava perdere la polemica dove non esistevano possibilità di ribattere e si attaccava ai punti che potevano’ in qualche modo, a suo avviso, presentare anche una sola piccola breccia dove introdurre il cuneo che avrebbe permesso l’inizio della nuova polemica.
Polemica che, accantonata dopo la lettera riportata del Gran Maestro (cfr. supra) con la sua nomina a capo della Loggia amministrativa e la costituzione della commissione per l’unificazione dei rituali, fu ripresa subito dopo la promulgazione del decreto 08/68 nel quale il Gran magistero si dichiarava estraneo a quanto si stava verificando in Francia con la costituzione, da parte di Ambelain, di un nuovo Ordine Martinista, denominato « Iniziatico » (9) e alle beghe che colà si stavano profilando. Il Gran Maestro aveva inviato il decreto alla Loggia amministrativa con una lettera al suo Aggiunto in cui, fra l’altro, scriveva: « Qui unito il mio decreto 08/68 che i nostri fratelli devono conoscere affinché non credano che noi siamo ” fasulli “, Philippe un imbroglione, Hermete un prevaricatore, io un bugiardo per dir poco. Come vedrai, mantengo la più ampia tolleranza e non entro nel merito dei fatti che però devono esser resi noti in quanto lo stesso Robert si è autoproclamato il Grande Iniziatore martinista di tutti e chiama in causa i martinisti di ogni parte del mondo.
Noi dobbiamo sottolineare che siano sovrani e -giunte a questo punto le cose – gli UNICI che sono regolari. Copia del decreto è stata da me inviata a Robert, a Philippe, a Hermete ed a Buisset. Per tutti gli altri ti prego di far provvedere dalla Loggia Amministrativa, come stabilito ».
Tale lettera, col decreto, fu spedita l’11 ottobre 1968 e dette origine alla nuova polemica – imperniata su una pretesa violazione dei diritti del Supremo Collegio dei SS.II.II., sulla necessità di essere prudenti per « non disgustare molte persone » (10) e « provocare un allontanamento di molti nuovi iniziati » (11)- e al blocco del decreto che costrinse il Gran Maestro e dattilografarne tante copie quanti erano i SS.II.II., spostando la data al 10 dicembre (12), Il Gran Maestro Aggiunto minacciò anche di intervenire, in seno al Supremo Collegio « se sarò tirato per i capelli » (13), contro l’Ordine martinista presieduto da Encausse, da lui dichiarato « deviazionista » accusandolo « di aver fatto scempio della tradizione esoterica » (14). Rifiutava, poi, un incontro offerto da Aldebaran (G.Ventura) perché tale incontro doveva « essere motivato da ragioni ben precise che non vedo » (15).
Tuttavia anche questa polemica rientrava per dar luogo a quella sulla unificazione dei rituali. Visto che nessuna proposta giungeva da Nebo (Brunelli) salvo una parte dei rituali ch’egli aveva posto in circolazione fra i cosidetti martinisti « della sua filiazione », Aldebaran (G.Ventura) ed Altair avevano dato mano allo studio del materiale disponibile e il 12 febbraio 1969 il Gran Maestro inviò a Nebo (Brunelli) una bozza dal titolo Quaderno di istruzioni, commenti. Operazioni speciali e suggermenti per i SS.II.II. in 104 cartelle dattiloscritte, con disegni, in cui erano inclusi i nuovi rituali di iniziazione dei tre gradi martinisti e quello per la concessione dei poteri iniziatici. La prima reazione fu positiva: « Ho ricevuto il tuo lavoro stamane – scriveva Nebo (Brunelli) il 13 febbraio- l’ho sfogliato pagina per pagina leggendo qua e là. Indipendentemente da ogni considerazione… e discussione (che probabilmente potrebbe derivare dallo studio approfondito cui mi dedicherò) voglio esprimerti tutta la mia ammirazione e il mio ringraziamento (rimanendo la stima per te sempre immodificata) per l’opera che hai intrapresa e portato a sicuro compimento >> (16),
La discussione non si fece attendere, nonostante « il sicuro compimento », ma il Gran Maestro, pur ribattendo, accettò una parte delle modifiche proposte dal suo Aggiunto in quanto membro della Commissione. La polemica continuò fino al 2 aprile quando Nebo (Brunelli) si dimise con questa postilla: « Per il lavoro di catena, rielaborerò per solo tuo uso il lavoro completo, ad esso unirò una mia dichiarazione di disapprovazione di qualsiasi cambiamento che ad esso venga apportato. Mi affido in questo al Ituo buonsenso, sperando che un lavoro di catena non venga sostituito con esercizi mentali » (17).
Sarebbe interessante pubblicare lo scambio di lettere avvenuto, dal febbraio all’aprile 1969 su questo argomento ma, a parte il fatto che trattandosi di rituali ne è proibita la divulgazione, ci vorrebbe un intero volume.
Ovvio che le dimissioni furono respinte e Nebo (Brunelli) fu invitato a un incontro col suo Gran Maestro, e si decise ad accoglierlo. Così, anche la questione dei rituali fu appianata anche se dopo tale visita il Gran Maestro Aggiunto insistette per altre variazioni che non furono concesse. Tuttavia, dopo la promulgazione passò parecchio tempo prima che i rituali fossero distribuiti a tutti i martinisti. Tant’è vero che il Gran Maestro dovette inviarli direttamente a parecchi SS.II.II. (18)
Al Convento martinista, tenutosi nel successivo ottobre a San Leo di Romagna, il Gran Maestro Aggiunto convocò una riunione dei SS.II.II. della « sua catena >> e, alla presenza del Gran Maestro, lesse una lettera indirizzata a Sirius, Lucius, Nytia, Lysis, Melkior, Immanuel, Galahad, Zorobabel, Ignis, Spartacus e Celsus (19) che è allegata agli Atti del Convento. In essa, dopo considerazioni varie, dichiarava: « Avendo compiuto il mio lavoro, continnerò a restare naturalmente nell’Ordine e darò quel contributo che potrò dare, ma senza catena e legami di sorta, perché da oggi in modo definitivo e irrevocabile io sciolgo il mio gruppo interiore lasciandovi liberi, responsabili e, mi auguro, veramente SS.II.II. Ciascuno agisca d’ora in avanti in rapporto alla carica e alla propria responsabilità che ha nell’Ordine, senza volere spiritualmente dipendere da me, perché io non ho più nessun particolare legame con voi, né desidero averlo, oltre quello derivante dall’appartenenza a una comune fraternità illuministica. Del resto l’Ordine ha un suo Capo edettivo, Capo da noi scelto ed eletto. Anche s’Egli limita l’iniziazione a certi livelli isiaci valutando forse meglio di me uomini e cose (ed i fatti gli danno ragione) egli è e dev’essere guidaslcura per tutti voi>>.
A parte l’iniziazione « a certi livelli isiaci » la dichiarazione era accettabile e il Gran Maestro non replicò anche perché ritenne -com’era evidente- che il suo Aggiunto, con quella dichiarazione, avesse riconosciuto di aver provocato nell’Ordine per sette lunghi anni una situazione abnorme con una diarchia ch’egli, il Gran Maestro, aveva dovuto subire per evitare una scissione. Forse gli sfuggì quell’inciso « sull’appartenenza a una comune fraternità illuministica » e il finale in cui « egli è e dev’essere guida a tutti voi ». Forse, ma probabilmente è una nostra impressione, dovuta a quanto accadde dopo, che Nebo (Brunelli) si riferisse con la prima frase agli Eletti Cohen che Aldebaran (G.Ventura) aveva in Ancona ingenuamente riconosciuto, e con la seconda alla sua intenzione di non ritenersi legato alla « guida » di chi aveva eletto. Sono considerazioni del senno di poi perché probabilmente Nebo (Brunelli), in quel momento, era sincero come lo era stato altre volte. I suoi improvvisi impennamenti, probabilmente e forse sicuramente, derivavano da una personale convinzione e dall’amicizia che lo legava a Robert Ambelain e, fors’anche, a teorie e dottrine che gli erano congeniali. L’incontro di Venezia fra il Gran Maestro e il suo Aggiunto era stato cordiale e fraterno e nulla poteva far pensare che, dopo una tale dichiarazione verbale, letta da un dattiloscritto firmato e poi consegnato all’Archivio, si verificasse quanto è oggetto più di cronaca che di storia (20).

1  Ecco il testo delle Sette prommissioni giurate e firmate dai Gran Maestri all’atto della loro investitura « Alla Gloria di Iod Hé Schin Vau Hé Grande Architetto dell’Universo e sotto gli auspici del Filosofo Incognito Nostro Venerato Maestro, alla presenza dei Maestri passati, io… I’I.N. .. S.I.I. eletto Sovrano Gran Maestro, PROMETTO e GIURO — Di accettare l’altissimo onore nel solo interesse del Nostro Venerabile Ordine; — Di servirlo con assoluta e indefettibile fedeltà; – Di rispettare e far rispettare le sue dottrine e i suoi Statuti; – Di governare con prudenza e in fraternità – Di oppormi con tutti i mezzi a disposizione del mio alto incarico a ogni tentativo di violare o travisare la Tradizione; – Di conservare integri gli Archivi e di trasmetterli intatti al mio Successore; —Di agire sempre per la maggior gloria di Iod Hé Schin Vau He Grande Architetto dell’Universo ed onore e vanto del N.V.O. ».

2 Vedi capitolo 111: Il Martinismo in Francia dopo la morte di Papus (indicazione alla nota 16 dello stesso capitolo).

3 A.O.M. – Tesoro: Decreti.
4 Idem – Convento Perugia: Lettera Nebo (Brunelli) 26-XII-67.
5  Il decreto di Aldebaran (G.Ventura) ebbe, invece, l’effetto richiesto. Nel nr. 1 anno 1968 deL’Initiation, pagine 1 e 2 apparve la rettifica dove si affermava che tra il Martinismo e la Chiesa gnostica esisteva soltanto un trattato di alleanza; nel nr. 4 stesso anno (pagine 230 e 231) si rettificava la questione dei gradi martinisti dichiarando che soltanto i SS.II II. Martinisti appartenenti ai Cohen e non l’Ordine dei Cohen possedevano quel diritto, in quanto Liberi Iniziatori
6A.O.M. citato – lettera Aldebaran (G.Ventura) 4-VI-1968.
7 Idem.
8 Hermete S. I., Sovrano Gr. Comm. degli Eletti Cohen deve la sua qualifica di Martinista alla sua provenienza dalla filiazione Flamelicus, Porciatti, Sorgi.
9 Vedi capitolo III (indicazione nella nota 23 della stesso capitolo).
10  A.O.M. -Nuovi rituali, Fascio I, mazzo B: Lettera Nebo (Brunelli) 26-X-1968.
11 Ibidem Lettera del 24-X-1968.
12 Ibidem: Lettera Aldebaran (G.Ventura) 20-XII-1968.
13 Ibidem lettera Nebo (Brunelli) datata Natale 1968 (A proposito di questo scambio di lettere bisogna anche dire che il decreto, in un primo tempo indirizzato a tutti i martinisti italiani, fu poi -su richiesta insistente di Nebo (Brunelli)- modificato nell’indirizzo e diretto ai soli SS.II.II. e ai Sovrani esteri ai quali era già stato rimesso).
14 Evidentemente, Nebo (Brunelli) si era dimenticato di aver tentato, in tutti i modi e per quasi due anni, di convincere il Gran Maestro ad unirsi al Martinismo francese riconoscendo Encausse come Gran Maestro Universale
15  A. O. M. lettera citata del Natale 1968.
16 Idem, mazzo B del Fascio I.
17 Ibidem
18 Interessante, a questo proposito la lettera che il S I.I. Aloysius Inviò al Gran Maestro restituendogli la copia del rituale e delle istruzioni per il grado di Iniziatore: << Dalla Collina di Roma 21 novembre 1970 Carissimo fratello e Maestro, ho cercato, di bruciare le tappe nel trascrivermi il rituale che tanto gentilmente mi hai favorito ma più presto di così non mi è riuscito di fare …perchè oltre al lavoro materiale sono state insuperabili le pause che il resto mi obbligava a compiere per le molte riflessioni che con prepotenza emergevano nella mente specialmente nel contesto costituente la scconda parte che tu hai modestamente intitolata “Considerazioni e consigli”! (..) Ti allego il prezioso dattiloscritto che m’hai affidato. Te ne ringrazio vivamente ( ..) tuo Aloysius >> In pede : Ad Aldebaran (G.Ventura), Sua sede (A.O.M. citato 11 Fascio, mazzo B).
19 Galalhad, Zorobabel, Ignis, Spartacus e Celsus erano stati iniziati dopo l’unificazione, rispettivamente il 6-1-63, 2-VI-63, 21-III-64, 17-VI-65 e 6-VII-65 Al Convento di San Leo erano presenti solo Sirius, Lucius, Galahad, Zorobabel, Immanuel e Spartacus.
20 Il testo del dattiloscritto, firmato, della dichiarazione è depositato in A.O.M. Nuovi rituali.

* I contenuti del presente capitolo sono stati estrapolati dal libro “Tutti gli uomini del Martinismo” Edizioni Atanor - Roma